Intervista del 20 giugno 2017
Marco Prato suicida, per Roberta Bruzzone: “L’uscita più plateale possibile”
Lo hanno trovato morto nella sua cella, con la testa infilata in un sacchetto di plastica: così si è ucciso nel carcere di Velletri Marco Prato accusato dell’omicidio di Luca Varani, il ragazzo ucciso nella capitale il 4 marzo del 2016 durante un festino a base di sesso e droga. Domani avrebbe avuto la prima udienza del processo. E’ stato trovato durante il giro di ispezione con un sacchetto di plastica in testa riempito con una bomboletta di gas, involucro che l’avrebbe soffocato. Per l’omicidio di Luca Varani è già stato condannato, in abbreviato, a 30 anni, Manuel Foffo che, con Prato, pare avesse seviziato e ucciso la vittima. Prato, a differenza del coimputato, aveva scelto il rito ordinario. Il ragazzo ha lasciato una lettera in cui spiega i motivi del suo gesto accusando i media di aver scritto falsità su di lui e di avergli riservato un’attenzione ossessiva. Il compagno con cui divideva la cella non si sarebbe accorto di nulla perché stava dormendo. Intelligonews ha chiesto un commento alla criminologa Roberta Bruzzone che ha seguito l’omicidio Varani molto da vicino.
Che è successo? Perché Prato si è ucciso? Quali i motivi del suo gesto?
“Avendo studiato il caso ed essendomi direttamente interessata della vicenda, ho avuto modo di esaminare la documentazione che riguardava Marco Prato. Senza dubbio siamo in presenza di una personalità molto complessa, seriamente disturbata, con precedenti tentativi di suicidio alle spalle anche abbastanza gravi. Non a caso mi risulta fosse tenuto per questo in regime precauzionale proprio perché ritenuto a forte rischio suicidio. Mi sorprende quindi la notizia visto che teoricamente doveva essere sorvegliato 24 ore su 24. Allo stesso modo proprio studiando la sua personalità mi appare evidente la volontà di un’uscita plateale da questa vicenda, in perfetta linea con le sue modalità comportamentali e le sue caratteristiche psicologiche come sta del resto a dimostrare la sua passione per la cantante Dalidà morta suicida. Il fatto che si è ucciso proprio alla vigilia del dibattimento non è casuale, e non può essere addebitabile soltanto alla disperazione per quanto commesso. Ha voluto determinare lui la fine di questa vicenda sottraendosi al processo ma dimostrando, attraverso un gesto estremo, di avere comunque la possibilità di controllare e modificare il corso degli eventi. Uscendo di scena per altro, ha impedito la raccolta di elementi utili che sarebbero potuti emergere dal dibattimento e che avrebbero fatto piena luce sul barbaro omicidio di Varani”.
Nella lettera si parla di una decisione maturata a causa dell’ossessiva attenzione mediatica che gli sarebbe stata riservata. Questo non è in contraddizione con la personalità di chi appunto sceglie tempi e modi di una sua uscita di scena quasi studiando mediaticamente il proprio suicidio?
“Marco Prato come detto anche in passato ha tentato il suicidio, ma io in base all’idea che mi sono fatta della sua personalità, mi sento di relegare quei tentativi alla sfera dimostrativa. Sicuramente ci sta il fatto di essersi sentito aggredito dai media visto che per altro sono stati raccontati particolari anche scabrosi e degradanti della sua vita privata e professionale. Probabilmente questo fatto deve averlo umiliato, ma resta il fatto che il suicidio è avvenuto con una tempistica precisa, per l’appunto a poche ore dall’inizio del dibattimento, ossia della prima vera udienza del processo. Ripeto, aveva bisogno di uscire di scena ma doveva farlo con i modi e i tempi dettati da lui e con la consapevolezza di rendere questa uscita più plateale possibile. Così è stato. Sapeva che il processo avrebbe avuto una forte rilevanza mediatica, che di lui si sarebbero scritte paginate, e prima che tutto avesse inizio vi ha messo fine”.
Sinceramente che idea si è fatta dell’omicidio? Chi ne è l’esecutore materiale?
“Gli esecutori sono entrambi come hanno rilevato anche i consulenti tecnici d’ufficio durante le fasi preliminari delle indagini. Entrambi hanno partecipato alla mattanza. Il processo di Prato si sarebbe concentrato principalmente su un elemento, ossia chi dei due avesse avuto l’idea. Ma il fatto che entrambi vi abbiano partecipato è fuori dubbio”.
E secondo lei di chi è stata l’idea?
“Resto convinta che l’idea originale non fosse quella dell’omicidio ma della violenza sessuale ai danni di Varani. Un gioco erotico a tre che la vittima avrebbe dovuto subire passivamente. Hanno scelto Varani perché sapevano che sarebbe stato disponibile a prestarsi a quel tipo di gioco. A contattarlo pare certo sia stato Prato visto che Foffo non lo conosceva neppure. Quindi sembra assodato che la scelta della vittima sia stata di Prato se non altro perché era lui che conosceva Varani e sapeva di poterlo contattare avendo avuto già in passato contatti con lui. Poi l’alcool e la droga hanno fatto degenerare la situazione sfociata nel tragico omicidio”.