1. Alcune considerazioni preliminari di matrice metodologica in tema di Crime Scene Reconstruction e Criminal Investigative Analysis
L’obiettivo principale che accomuna tutte le cosiddette scienze forensi è principalmente uno: cercare la verità “fattuale” relativamente a un dato evento criminale su cui si sta indagando. Per ricercare efficacemente questo genere di verità, considerate le enormi conseguenze che da essa possono derivare per l’autore di un delitto, dobbiamo essere in primo luogo in grado di ricrearne i momenti salienti e di collocarli nella giusta prospettiva temporale, ossia individuare il cosiddetto “timeline” dell’evento criminale. Certo non si tratta di un compito semplice ed è principalmente per tale ragione che le scienze forensi nel loro insieme contano un numero sempre crescente di possibili discipline applicative. Ma nonostante i grandi passi in avanti che costantemente vedono protagoniste le scienze forensi moderne, tuttavia queste ultime non possono essere considerate di per sé sufficienti a garantire la soluzione di un caso. Ecco perché, a parere della scrivente, non si può (e non si potrà mai) comunque prescindere da un’analisi investigativa accurata dei vari elementi emersi durante un’investigazione e dall’individuazione di quei comportamenti che hanno prodotto
le tracce che sono state repertate sulla scena del crimine. Nell’ambito delle tecniche di analisi che consentono di far fronte efficacemente al delicato e complesso compito di “rimettere al proprio posto” i vari tasselli raccolti sulla scena del crimine, un ruolo di primo piano è sicuramente occupato oggi dalla cosiddetta Criminal Investigative Analysis (CIA) e dalla Crime Scene Reconstruction (CSR), strumenti decisamente utili per ricostruire il più verosimilmente possibile la criminodinamica di un dato evento criminale, ossia il “che cosa” e il “come” del crimine su cui stiamo investigando sulla base di tutte le tracce e gli elementi emersi durante l’analisi del caso. Queste due discipline svolgono un’importante funzione di collegamento tra le discipline forensi classiche e le più moderne tecniche di analisi della scena del crimine che si avvalgono di sempre più efficaci software per ricreare fedelmente gli elementi statici e dinamici di un dato evento criminale. Attraverso tali tecniche è possibile infatti sia ricreare in maniera virtuale (3D) in tutto e per tutto lo scenario all’interno del quale un dato crimine è avvenuto sia ciò che all’interno di tale scenario si è verificato. Tuttavia, essendo comunque sia la CIA che la CSR discipline relativamente giovani, non è ancora univocamente riconosciuto da tutti gli esperti di settore che cosa si possa o non si possa dedurre da un determinato pattern di tracce (di varia natura) presenti sulla scena del crimine. È questo probabilmente ancora oggi il lato oscuro di alcune delle scienze forensi in cui “purtroppo” regna in buona parte ancora l’analisi di carattere soggettivo completamente affidata all’esperienza e alle competenze (o presunte tali) dell’analista di turno. Nonostante ciò comunque, se ancorate fedelmente ai vari elementi emersi dall’analisi della scena del crimine e durante l’attività
investigativa, la CIA e la CSR rappresentano uno strumento di supporto all’investigazione estremamente efficace per ricostruire ciò che è avvenuto sulla scena criminis e verificare la “robustezza” e la “congruenza” delle versioni fornite dai soggetti a vario titolo coinvolti nella vicenda.
La Criminal Investigative Analysis rappresenta invece una tecnica di analisi principalmente focalizzata sulle cosiddette “tracce comportamentali” emerse dall’analisi della scena del crimine. In particolare, la capacità dell’investigatore di comprendere le logiche che sottendono determinate azioni attraverso l’analisi di ciò che viene denominata “traccia comportamentale” rappresenta un elemento di cruciale importanza per analizzare in maniera coerente e fedele quell’enorme mole di informazioni che normalmente un’investigazione è in grado di produrre. Il passaggio più delicato e complesso in tale frangente è sicuramente rappresentato dalla capacità dell’analista di passare dalle tracce rilevate ai comportamenti che le hanno prodotte.
Nata in seno alla Behavioral Science Unit del FBI negli anni ’70, la CIA rappresenta principalmente un processo di analisi comportamentale che integra in maniera dinamica le informazioni provenienti da diverse fonti pertinenti al delitto su cui si sta indagando come la vittima, tutte le attività di sopralluogo sulla scena del crimine e le tracce che sono state repertate (di varia natura), i pattern lesivi emersi ai danni della vittima, le risultanze dei vari esami tossicologici svolti, le informazioni demografiche sulla zona in cui è avvenuto il crimine, le statistiche criminali dell’area interessata nel medio e breve termine, le informazioni testimoniali, la valutazione della personalità di eventuali sospettati, etc. Tale tecnica si basa sul presupposto che una comprensione dettagliata dei comportamenti esibiti dall’offender sulla scena del crimine durante la fase esecutiva del delitto può rivelarsi di importanza cruciale per arrivare a comprenderne la logica di base (movente) ed alcune caratteristiche di personalità utili ai fini della gestione della lista dei sospettati (gerarchizzazione) (Ressler, Burgess, Douglas, “Sexual Homicide Pattern and Motive, 1988)
In particolare la Criminal Investigative Analysis prende in considerazione due elementi chiave ossia l’analisi delle sequenze comportamentali nei casi di crimine violento (quindi non solo omicidio ma anche rapina, stupro, etc.) e l’analisi dei soggetti che hanno commesso tali crimini (ove disponibili), attraverso cui è in grado di fornire informazioni salienti in ciascuno dei seguenti ambiti di applicazione:
− Analisi e ricostruzione della scena del crimine (in particolare la Crime scene reconstruction si basa su una metodologia ricostruttiva che utilizza una logica di matrice mista
induttiva/deduttiva che coinvolge TUTTI gli elementi che sono stati raccolti su un determinato caso).
- − Indirect personality assessment (valutazione indiretta attraverso il pattern di tracce comportamentali rilevate sulla scena del crimine della personalità del soggetto che ha commesso il fatto)
- − Valutazione attendibilità testimoniale ed individuazione casi di false accuse1
- − Analisi della minaccia (nei casi di persecuzione e stalking)
- − Strategie di intervista/interrogatorio (in fase investigativa)
- − Crime linkage analysis (nei casi in cui si sospetta l’esistenza di una stessa mano dietro una serie di crimini)
- − Equivocal death analysis (analisi nei casi di morte equivoca)
- − Indagini relative ai casi di persona scomparsa
- − Strategie di interrogatorio e contro-interrogatorio processuale
- − Autopsia psicologica
2. Alcune considerazioni preliminari in tema di Crime Scene Reconstruction – la Bloodstain Pattern Analysis (BPA)
Per ricostruire la presunta dinamica delle varie fasi di un evento delittuoso è necessario considerare tutti gli elementi oggettivi desumibili dalla scena del crimine. Solitamente tali elementi vengono acquisiti:
- dal sopralluogo e dal repertamento;
- dagli esami di laboratorio sulle varie tracce e/o reperti, acquisiti durante i rilievi tecnici;
- dagli accertamenti medico-legali relativi alle ferite inferte.
Nei fatti reato particolarmente gravi, quali ad esempio gli omicidi, ulteriori elementi significativi possono emergere dallo studio delle tracce ematiche con particolare riferimento alla loro morfologia ed alla loro dislocazione sul teatro delittuoso.
Questa branca delle Scienze Forensi è nota come Bloodstain Pattern Analysis (B.P.A.) e studia il meccanismo fisico di formazione delle tracce ematiche (traiettorie, proiezioni, gocciolamenti, strofinii, lavaggi, ecc.). Tale disciplina si occupa dello studio della morfologia, della quantità, della posizione, dell’orientamento e della distribuzione delle tracce ematiche rinvenute sulla scena del crimine, volto a determinare la dinamica dell’evento criminale.
Mentre la BPA qualitativa descrive empiricamente i verosimili meccanismi di formazione delle tracce ematiche sulla base della casistica e della sperimentazione di laboratorio, la BPA quantitativa descrive mediante modelli matematici e fisici i verosimili meccanismi di formazione delle tracce ematiche .
Va rilevato, inoltre, come una ricerca di tracce non può limitarsi al solo aspetto qualitativo ed eventualmente quantitativo. Un interesse preponderante va assumendo anche quello “morfologico”, ossia relativo alla posizione e conformazione delle stesse, che possa in sostanza fornire una risposta a come le medesime possono essersi formate (aspetto “dinamico”): si pensi, ad esempio, alle gocce di sangue.
Lo studio di tali tracce non è meramente fisico e geometrico, ma anche, e soprattutto, logico e trova fondamento, pertanto, nella statistica.
La B.P.A. coinvolge differenti scienze, quali la biologia per l’attribuzione genotipica delle tracce di sangue, la fisica per la determinazione delle forze in gioco (viscosità, tensione superficiale, coesione interna, forza di gravità, forza centrifuga, ecc.) e per le proprietà fisiche del sangue (dinamica dei fluidi), la matematica per le rappresentazioni dei modelli fisici che descrivono i vari meccanismi di formazione delle macchie ematiche, la chimica per le proprietà chimiche del sangue e per i metodi di rivelazione delle tracce latenti.
La B.P.A. è una scienza, perché i modelli teorici che vengono studiati per spiegare i meccanismi di formazione delle varie tracce ematiche subiscono il vaglio della sperimentazione scientifica. Infatti, secondo la metodologia utilizzata nella B.P.A., un modello è valido solo allorquando è possibile simularlo e riprodurre sperimentalmente il pattern osservato (metodo scientifico).
L’obiettivo fondamentale è il supporto investigativo, ed in particolare la BPA può dare informazioni riguardo a:
– quali eventi si sono realizzati
– quando e in quale sequenza si sono verificati
– quali eventi non si sono realizzati
– chi era/non era presente sulla scena.
Durante i tre decenni passati, negli USA le tracce basate sulle macchie di sangue hanno incrementato la loro validità nel processo investigativo e oggi sono utilizzate frequentemente sia in ambito investigativo e forense ogniqualvolta vi è presenza (visibile od occulta) di tracce ematiche nel caso esaminato.I primi studi sulla morfologia delle tracce ematiche risalgono già al 1895 con un trattato del Dr. Eduard Piotrowski, assistente dell’Istituto di Medicina Legale di Cracovia, concernente l’origine, la forma, la direzione e la distribuzione delle macchie di sangue formatesi in conseguenza a delle ferite prodotte da vari colpi inferti alla testa. Nel 1939 furono molto importanti gli studi condotti dall’equipe del Dr. Victor Balthazard riguardo la traiettoria delle gocce di sangue. Pietra miliare nel riconoscimento dello status di prova della BPA dal sistema giudiziario americano fu la ricostruzione della dinamica delittuosa effettuata attraverso lo studio della morfologia delle tracce ematiche effettuata dal Dr. Paul L. Kirk dell’Università di Berkeley nel 1955. Egli propose una ricostruzione di un evento omicidiario mediante la tecnica della B.P.A.: la ricostruzione, riguardante le posizioni relative della vittima e dell’aggressore durante le varie fasi del delitto, fu riconosciuta dal sistema giudiziario americano come fonte di prova nel procedimento penale contro Sam Shepphard. L’impiego di tale metodologia di analisi è stata impiegata con successo anche all’interno del nostro ordinamento (la strage di Novi Ligure, strage di Erba, delitto di Melania Rea, etc.) divenendo vera e propria “prova a carico” del controverso caso noto alle cronache come “il delitto di Cogne” in cui venne assassinato un bimbo di appena 3 anni, Samuele Lorenzi.