Intervista del 27 marzo 2017
Alatri, 20enne massacrato. Bruzzone indignata: “Non è bullismo. La retorica dell’hashtag”
Un orribile pestaggio, avvenuto nella notte tra venerdì e sabato ad Alatri ha causato la morte di Emanuele Morganti, 20 anni, picchiato brutalmente dal branco per, sembra, avere difeso la fidanzata. Al vaglio c’è la posizione di diverse persone. Italiane e straniere. Sarebbero una decina, stando a quanto riporta l’Ansa, le persone sulle quali si stanno concentrando le indagini. Interrogatori, ma anche le telecamere al vaglio degli inquirenti. Si cerca dunque di fare giustizia per il ventenne che, giunto in condizioni drammatiche al Policlinico Umberto Primo di Roma, ha perso la vita. IntelligoNews ne ha parlato con la criminologa Roberta Bruzzone, la quale proprio poche ore prima del drammatico evento, commentando l’episodio di bullismo di Giugliano, aveva ipotizzato che simili violenze “da branco” avrebbero prima o poi portato al morto..
Il branco di cui ci aveva parlato è ancora una volta alla base di quanto successo ad Alatri?
“Sì, c’è assolutamente la dinamica del branco. Questo è ciò che temevo e di cui ho parlato con voi nell’intervista della scorsa settimana. A un certo punto si va sempre alla ricerca di stimoli sempre più violenti, era inevitabile che ci scappasse il morto. Il fatto che la fascia di età sia diversa (rispetto a Giugliano, ndr) non cambia niente, la dinamica del branco è sempre questa. Ha bisogno di vittime, di prede”.
Vedere un ragazzo di vent’anni massacrato da, sembra, almeno una decina di persone in strada davanti ad altre persone cosa dice della nostra società? C’è anche da registrare l’indifferenza dei passanti?
“Credo che questo sia veramente un segnale preoccupante. La gravità del fatto, ma anche l’aggravante che nessuno abbia tentato di soccorrere questo ragazzo. Chiamare tempestivamente chi poteva fermare il tutto, ovvero le forze di Polizia. Credo che sia un segnale di come i tempi siano cambiati in modo inevitabile. C’è davvero un abbrutimento collettivo intollerabile”.
“Credo che questo sia veramente un segnale preoccupante. La gravità del fatto, ma anche l’aggravante che nessuno abbia tentato di soccorrere questo ragazzo. Chiamare tempestivamente chi poteva fermare il tutto, ovvero le forze di Polizia. Credo che sia un segnale di come i tempi siano cambiati in modo inevitabile. C’è davvero un abbrutimento collettivo intollerabile”.
Sui social, quasi a tentare di reagire seppur in ritardo, con l’hashtag #chisaparli Alatri chiede informazioni perché vi sia giustizia. Come commenta?
“Ma che roba è? Si pensa che sollecitando online si possa recepire un messaggio in un contesto in cui a nessuno frega più niente di nessuno? Non è sfruttando la rete, con qualche hashtag che ci si lava la coscienza, che si fa la propria parte. Non è così che si risolvono questo tipo di problematiche”.
“Ma che roba è? Si pensa che sollecitando online si possa recepire un messaggio in un contesto in cui a nessuno frega più niente di nessuno? Non è sfruttando la rete, con qualche hashtag che ci si lava la coscienza, che si fa la propria parte. Non è così che si risolvono questo tipo di problematiche”.
La logica del branco c’è, ma definire questo episodio come bullismo è sbagliato? Si rischia di ridimensionare quella che è invece la morte di un ventenne?
“La parola bullismo spesso serve a derubricare, depotenziare quanto successo. Questo non è bullismo, ma un gruppo di delinquenti che armati di spranghe si muovono in gruppo. Il branco permette di agire alla ricerca di potere, non può essere definito bullismo. Poi il fatto che simili dinamiche ci siano anche tra quattordicenni non cambia minimamente la loro pericolosità”.