Negli ultimi giorni è tornato a circolare un video che ripropone sette contestazioni gravissime, già ampiamente smentite, costruite in modo pretestuoso e reiterate con modalità che nulla hanno a che vedere con il diritto di critica o di cronaca.
È altrettanto evidente che, per riuscire a portare avanti questa campagna persecutoria, Tosatto ha dovuto fare riferimento ad affermazioni che non sono mai state contenute nel mio curriculum vitae.
Il mio CV ufficiale, l’unico che io abbia mai vantato, è disponibile oltre che sul mio sito (www.robertabruzzone.com) anche sul sito di altri enti con cui ho collaborato nel corso degli anni – tra questi vi indico quello presente sul sito della LUM (non è aggiornatissimo ma almeno è la riprova che è un documento disponibile da anni). Potete cliccare qui per vederlo.
Di fatto, per Tosatto si è reso necessario inventare un CV parallelo da lui creato, costruito ad arte, fatto di attribuzioni mai dichiarate, ruoli mai rivendicati, appartenenze mai sostenute.
Un curriculum falso e distorto, funzionale esclusivamente a creare un pretesto su cui innestare l’attacco diffamatorio.
Questo è un punto centrale, perché chiarisce definitivamente la dinamica:
- non si contesta ciò che è scritto nel mio CV reale,
- si contesta ciò che qualcuno ha deciso di attribuirmi falsamente
- e poi si utilizza quella costruzione artificiosa per screditarmi pubblicamente.
E non è la prima volta che mi trovo ad affrontare la medesima macchinazione…
L’obiettivo è dunque chiaramente delegittimante.
Screditare la mia persona e la mia attività professionale è l’unico fine di questa operazione, portata avanti con modalità ossessive, reiterate e in palese malafede.
È del tutto evidente che io rappresento, per questi soggetti, un interlocutore estremamente scomodo, motivo per cui sono stata eletta a bersaglio preferenziale.
E non sono neppure l’unico bersaglio, visto che numerose altre persone hanno già sporto denuncia nei loro confronti per affermazioni farneticanti, diffamatorie e gravemente lesive.
Questo non è dissenso.
Non è critica.
È una strategia di attacco sistematico, di matrice persecutoria, che utilizza la falsificazione narrativa come strumento di aggressione sistematica.
Ed è proprio per questo che, accanto alla trasparenza pubblica e alla produzione dei documenti, la tutela giudiziaria diventa non solo legittima, ma indispensabile.
È doveroso chiarirlo in modo netto.
Queste sono tutte le contestazioni formulate in maniera manipolatoria e fuorviante.
Questi sono i documenti ufficiali – curriculum vitae completo, titoli, incarichi, collaborazioni scientifiche, pubblicazioni, attività istituzionali – che dimostrano senza alcuna ambiguità l’assoluta infondatezza di quanto viene affermato da Tosatto&Co.
Non siamo di fronte a domande, ma a accuse infamanti, infondate e reiterate, formulate attraverso:
- travisamenti dei contenuti del curriculum,
- sovrapposizioni semantiche volontarie e manipolatorie,
- attribuzione di dichiarazioni mai rese,
- insinuazioni su presunti illeciti mai accertati da alcuna autorità giudiziaria.
Tutto questo è documentalmente falso.
La gravità non sta solo nel contenuto, ma nella perseveranza:
si tratta di un’azione che nel tempo assume connotati chiaramente persecutori, finalizzati a screditare pubblicamente una professionista attraverso la riproposizione ossessiva di accuse già smentite dai fatti e dai documenti.
Su consiglio del mio studio legale, ho ritenuto in via del tutto eccezionale di chiarire pubblicamente, punto per punto, le accuse deliranti e gravemente infamanti che mi sono state mosse.
L’ho fatto non per difendermi da ciò che non ha alcun fondamento – perché non ho nulla da nascondere – ma perché ritengo che una campagna persecutoria di questo livello debba essere portata all’attenzione dell’opinione pubblica, soprattutto in considerazione:
- della gravità dei toni utilizzati,
- della manifesta istigazione all’odio su base quotidiana,
- e della continuità e coordinazione con cui alcuni soggetti portano avanti queste condotte.
La mia reputazione professionale è un bene essenziale del mio lavoro, costruito in decenni di attività documentata, incarichi istituzionali, consulenze giudiziarie, docenza universitaria e produzione scientifica.
Ed è proprio per questo che, non avendo nulla da temere, non ho alcun problema a fornire tutti i riscontri doverosi, a produrre documenti, attestazioni, evidenze, ogni volta che lo ritengo opportuno e necessario.
Allo stesso tempo, però, ritengo doveroso rivolgermi alle sedi giudiziarie competenti.
Perché esiste una differenza netta tra il diritto di critica e una campagna di delegittimazione personale e professionale, reiterata, ossessiva e chiaramente orientata a screditare attraverso accuse false.
Questa situazione ha ampiamente superato ogni limite di tollerabilità.
Parliamo di soggetti che, peraltro, si sono già ampiamente manifestati nel tempo come artefici di campagne persecutorie anche nei confronti di numerose altre persone, con contenuti che definire inquietanti è persino riduttivo.
Ed è anche per questo che ritengo corretto e responsabile informare l’opinione pubblica di quanto sta accadendo.
Quello a cui assistiamo è l’ennesimo tentativo di delegittimazione portato avanti da individui che, con ogni probabilità, trarrebbero maggiore beneficio dal rivolgere verso se stessi la medesima ossessiva attenzione che oggi dedicano agli altri, soprattutto in relazione a una condizione che appare, sotto molti profili, obiettivamente inquietante.
Io continuerò a fare ciò che ho sempre fatto:
lavorare, documentare, tutelarmi nelle sedi opportune e rispondere con i fatti e con il diritto.
Per questo motivo, nella giornata di domani verrà depositata un’ulteriore denuncia-querela, completa di:
- trascrizioni,
- atti,
- documentazione ufficiale,
- e ogni elemento utile a dimostrare la natura diffamatoria e persecutoria di tali condotte.
La tutela della reputazione, soprattutto quando fondata su anni di lavoro documentato, incarichi istituzionali, attività scientifica e professionale verificabile, non è una scelta: è un dovere.
Chi confonde la libertà di espressione con la diffamazione sistematica dovrà risponderne nelle sedi competenti.
Io continuo a fare quello che ho sempre fatto:
lavorare, studiare, documentare, rispondere con i fatti e con il diritto.
Le “sette domande” contenute nel video non hanno natura informativa, bensì:
- sono formulate in modo allusivo e suggestivo,
- ripropongono accuse già smentite e strumentalmente ripescate,
- attribuiscono alla dott.ssa Bruzzone condotte penalmente rilevanti (falsificazione di titoli, mendacio curriculare, auto-attribuzione di qualifiche),
- con consapevolezza della loro lesività e perseveranza nel tempo.
Siamo dunque in presenza di diffamazione aggravata a mezzo web e di condotte reiterate potenzialmente persecutorie, non di critica.
E allora affronto e smonto le contestazioni farneticanti mosse a mio carico punto per punto.
CONTESTAZIONE N. 1 “Falsa collaborazione con il prof. Kim Rossmo / software RIGEL”
Si sostiene che io avrei mentito dichiarando una collaborazione con Kim Rossmo e lo sviluppo del software RIGEL.
La collaborazione con il prof. Kim Rossmo è reale, documentata e certificata, ed è riferita in modo specifico all’attività di geographic profiling applicata al caso delle bombe del Nord-Est.
Non si tratta di affermazioni personali né di ricostruzioni a posteriori, ma di un’attività concretamente svolta, che ha trovato riconoscimento anche in ambito istituzionale.
A confermarlo vi è infatti un’esercitazione ufficiale richiesta dai Carabinieri del RACIS di Roma, nell’ambito della quale è stato applicato il modello di geographic profiling sviluppato dal prof. Rossmo allo studio del caso.
Esercitazione formalmente attestata, come documenta l’attestato che pubblico a firma del Racis di Roma, e che costituisce prova oggettiva dell’attività svolta.
Questo significa una cosa molto semplice:
- la collaborazione non è mai stata millantata;
- non riguarda lo “sviluppo proprietario di software”, cosa che non è mai stata dichiarata;
- riguarda invece l’applicazione operativa e analitica del geographic profiling a un caso reale, in un contesto formativo e istituzionale.
Ancora una volta, quindi, le accuse crollano davanti ai documenti.
E ancora una volta emerge con chiarezza che non siamo di fronte a domande genuine, ma a contestazioni costruite ignorando consapevolmente le prove esistenti.
A ulteriore conferma di quanto sto affermando, pubblico alcune immagini tratte dal report ufficiale che nel 2005 abbiamo presentato ai Carabinieri, nell’ambito dell’attività di analisi legata al caso del bombarolo del Nord-Est.
Si tratta di fotografie scattate durante l’attività operativa di raccolta delle coordinate geografiche, nei diversi luoghi in cui furono collocati gli ordigni.
Foto che documentano sopralluoghi reali, lavoro sul campo, analisi territoriale finalizzata all’applicazione del geographic profiling.
E a questo punto permettetemi una domanda semplice, quasi banale.
Indovinate chi è ritratto nelle immagini durante l’attività di sopralluogo?
Chi compare mentre vengono rilevate le coordinate e analizzati i siti?
Ma guarda un po’.
Kim Rossmo.
Non racconti.
Non dichiarazioni autocelebrative.
Non ricostruzioni a posteriori.
Documenti, report ufficiali e immagini di un’attività realmente svolta, presentata alle Forze dell’Ordine e inserita in un contesto istituzionale preciso.
Ancora una volta, quindi, i fatti parlano da soli.
E ancora una volta emerge quanto sia artificiosa, pretestuosa e costruita l’operazione di chi tenta di negare l’evidenza documentale pur di sostenere una narrazione diffamatoria che non regge alla prova degli atti.
I fatti restano.
Gli atti pure.
Dal curriculum ufficiale risulta chiaramente che:
- non è mai stato dichiarato alcun ruolo nello sviluppo del software RIGEL;
- è invece dichiarata una collaborazione scientifica nell’analisi del caso Unabomber del Nord-Est (2005), integralmente pubblicata nel volume “Chi è Unabomber” (Aliberti, 2005), opera collettiva scientifica verificabile (vedi foto).
Tosatto manipola il contenuto del CV, attribuendo a me dichiarazioni mai fatte con il chiaro intento di manipolare l’opinione pubblica al solo scopo di screditare la mia immagine professionale.
Sul punto pubblico sia la richiesta pervenuta dal Racis dei Carabinieri di Roma che la copertina del testo “CHI è UNABOMNBER” edito per Aliberti nel 2005 e la prima pagina del report che io e Rossmo preparammo per il Racis.
CONTESTAZIONE N. 2 “Mai collaborato con Rossmo sul profiling dell’Unabomber”
Si sostiene che Rossmo avrebbe “smentito” qualsiasi collaborazione con me.
La collaborazione indicata nel mio CV è chiaramente:
- di tipo analitico e scientifico, non operativo o proprietario di software;
- documentata da pubblicazioni, non da auto-dichiarazioni;
- rientra pienamente nelle prassi accademiche internazionali.
Sul punto richiamo i documenti precedenti.
CONTESTAZIONE N. 3 “Falsa appartenenza alla VDOC Society”
Si afferma che io avrei dichiarato di essere “membro” della VDOC Society.
Nel CV ufficiale depositato e pubblicato ovunque da anni
(anche sul sito della LUM che indico così che ognuno possa consultarlo)
- non risulta alcuna dichiarazione di membership VDOC da parte mia (e neanche mi è mai interessato farne parte);
- non compare alcun logo, titolo o incarico VDOC associato alla mia persona.
L’accusa si fonda su affermazioni mai presenti nel CV e dunque è oggettivamente falsa e frutto della invenzione di Tosatto.
E anche qui emerge con chiarezza il meccanismo ricorrente di matrice manipolatoria.
Come al solito, Tosatto che cosa fa?
– Scrive a un’associazione di cui io non ho mai fatto parte.
– Un’associazione di cui non ho mai dichiarato di aver fatto parte.
– Un’associazione che non compare in alcun mio curriculum ufficiale.
E poi chiede: “La dott.ssa Bruzzone ha mai fatto parte di questa associazione?”
La risposta, ovviamente, non poteva che essere una sola: no.
Ma il punto non è questo.
Il punto centrale – ed è qui che si manifesta la malafede – è che io non ho mai sostenuto di farne parte.
Questo è il cuore della questione.
– Si costruisce una contestazione su un’affermazione che non esiste.
– Si ottiene una “smentita” di qualcosa che non è mai stato dichiarato.
– E poi si utilizza quella risposta per alimentare una narrazione diffamatoria.
Questo è, in sintesi, il nucleo dell’attività diffamatoria, persecutoria e ossessiva portata avanti da Tosatto:
creare accuse dal nulla, ottenere risposte ovvie a domande distorte e trasformarle in strumenti di delegittimazione personale e professionale.
CONTESTAZIONE N. 4 – “Falsa collaborazione con la BSU dell’FBI di Quantico”
Si afferma che io avrei mentito su una collaborazione con la Behavioral Science Unit.
Il mio CV indica testualmente:
- collaborazione nell’ambito di un progetto di ricerca presso la Duke University,
- con interazione scientifica con la BSU tramite il prof. Anthony J. Pinizzotto,
- mai dichiarata come appartenenza, incarico FBI o ruolo istituzionale (e mi sembrerebbe a dir poco delirante sostenere il contrario ma tant’è…)
La distinzione tra collaborazione scientifica e appartenenza istituzionale è volutamente ignorata nel video ed è la misura della ossessione persecutoria di Tosatto e della sua incoercibile propensione a mentire pur di perseguitarmi.
Pubblico a riscontro evidenze della pubblicazione scientifica con la Duke University – per altro ampiamente disponibile online ma evidentemente Tosatto non deve averlo capito….
CONTESTAZIONE N. 5 “Foto a Quantico = millantata conferenza”
Le foto esistono (e ne pubblico alcune) sono del giugno del 2004, ce ne siamo fatte fare diverse sia io che Marco Strano (ovviamente ho anche le sue, potete chiedere direttamente a lui di pubblicarle, so che è molto sensibile sull’argomento…) nella medesima posizione visto che ci trovavamo nella prestigiosa sede del FBI, ma nessuno dei due ha mai sostenuto di aver tenuto una conferenza in quella sede, almeno certamente non io.
Abbiamo tenuto una presentazione del progetto di ricerca con la Duke University insieme alla Prof. Silvia Ferrari (pubblico alcune slide che mostrammo in quell’occasione).
Si sostiene che io mi sarei “fatta fotografare fingendo di tenere una conferenza”
- Non esiste alcuna dichiarazione ufficiale in cui io affermi di aver tenuto una conferenza all’FBI – altra dimostrazione della profonda malafede di Tosatto.
- La presenza presso strutture accademiche o federali non integra di per sé alcuna falsità visto che sono stata ospite di una conferenza insieme alla BSU Unit e Marco Strano nel lontano 2004 (allego foto con Anthony Pinizzotto e altri membri della BSU durante la conferenza alla Mary Mount University).
Qui l’accusa è semplicemente delirante oltre che diffamatoria.
CONTESTAZIONE N. 6 “Falso training alla University of California con patrocinio FBI”
Si sostiene che l’Università di California San Francisco non offra corsi di criminologia.
- Il mio CV non afferma (ne mai ha affermato) l’iscrizione a un corso di laurea UCSF;
- parla di training formativo (terminologia corretta e distinta) che ho effettivamente effettuato in America alla fine degli anni 90 e in diverse occasioni.;
- l’equivoco UCSF / USF / SFSU è strumentalmente costruito da Tosatto per alimentare il suo disegno persecutorio nella consapevolezza che tali indicazioni non sono mai state presenti nel mio cv.
Quindi ci troviamo difronte all’ennesima manipolazione di Tosatto. Del resto basta verificare le informazioni effettivamente contenute nel mio CV da molti anni per rendersene conto…ma l’ossessione persecutoria rende ciechi…
CONTESTAZIONE N. 7 “Diploma falso, firma autografa, FBI che smentisce”
Questa contestazione, in realtà, mi da l’occasione di togliermi un po’ di sassolini dalle scarpe… e francamente devo ammettere una certa soddisfazione nel farlo…
C’è un aspetto che voglio chiarire una volta per tutte, perché è esattamente su questo punto che oggi si tenta, ancora una volta, di costruire una narrazione tossica e completamente falsa sul mio percorso curriculare.
Molti anni fa – 17 anni fa per la precisione – quando mi separai da Marco Strano (e mai decisione fu migliore per la mia vita, ma questa è un’altra storia), accadde un fatto molto preciso, documentato e già affrontato in sede giudiziaria.
E che Tosatto ora riproponga la medesima questione è quantomeno curioso, ovviamente non mancherò di sottoporre questo aspetto all’Autorità Giudiziaria indicando Marco Strano come “persona informata sui fatti”… poi si vedrà…
Fu Marco Strano, e solo Marco Strano, a produrre in un procedimento giudiziario due attestati identici a me attribuiti nel contenuto (ma di cui io ignoravo l’esistenza) ma con due gruppi firma diversi, depositati in due momenti differenti (vedi foto, il gruppo firma diverso salta agli occhi non trovate?).
Attestati che non erano mai stati in mio possesso, che non risultano in nessun mio curriculum ufficiale, e che non mi sono mai stati attribuiti da alcuna autorità giudiziaria nonostante gli sforzi di Marco Strano in tale direzione.
Non ho alcun problema a produrre questi documenti in qualunque sede possibile e immaginabile, perché parlano da soli.
Li mostro in questa sede visto che sono contenuti agli atti di una denuncia che mi fu mossa da Strano molti anni fa.
Eh già, lo stesso Marco Strano mi denunciò proprio per la presunta falsificazione del mio curriculum vitae.
E sapete come finì quella denuncia?
Archiviata.
Archiviata perché non esisteva alcuna difformità nel mio CV che venne controllato dall’Autorità Giudiziaria in ogni suo punto.
Archiviata perché le mie qualifiche risultavano coerenti, verificabili e documentate.
Archiviata perché le accuse erano manifestamente infondate.
Anzi, fui io stessa a segnalare che, in maniera quantomeno “distratta”, lo stesso soggetto aveva depositato quello stesso attestato con due gruppi firma diversi in due occasioni differenti
Circostanza piuttosto singolare, soprattutto considerando che quell’attestato non proveniva da me, non era mai transitato per le mie mani e non faceva parte del mio curriculum.
Ma non vi sembra curioso che esistano due attestati perfettamente identici, sovrapponibili in tutto, tranne che nel gruppo firma?
Stesso testo.
Stessa impostazione.
Stessa grafica.
Solo la firma cambia.
Come se qualcuno si fosse, come dire, “esercitato” a riprodurli nel modo più verosimile possibile….
Magari prendendo a modello altri attestati già in suo possesso…
Non è un’accusa.
È una domanda.
Una domanda che, devo ammettere, mi pongo da anni…chissà che tramite Tosatto stavolta non si arrivi ad avere una risposta da Strano… eh, sul punto il nostro terrapiattista (per sua stessa ammissione eh) mi ha fatto un regalone…
All’epoca fu ampiamente dimostrato che si trattava di una falsificazione. Del resto i due attestati prodotti da Marco Strano manifestavano evidenti e grossolane Ma certo non da parte mia…
Ma poi non vi sembra oltremodo “strano” che io possa aver “lasciato in giro” attestati che, se fossero stati veri, sarebbero stati di un valore enorme, soprattutto nelle mani di una persona con cui non avevo certo rapporti sereni?
Per quale motivo avrei dovuto:
- portarmi via la laurea,
- le specializzazioni,
- tutti i titoli realmente conseguiti,
e lasciare ad una persona con cui non volevo più avere più niente a che fare proprio un attestato del “famoso FBI”?
Davvero qualcuno pensa che questo abbia un senso logico?
Già solo questo dettaglio restituisce la dimensione surreale dell’intera iniziativa orchestrata contro di me.
Purtroppo, trattandosi di fatti risalenti a molti anni prima, la vicenda cadde in prescrizione, e non fu possibile procedere oltre nelle sedi competenti…fino ad oggi…
Ma c’è un dato che resta, ed è fondamentale.
Nel 2011 e 2012, Marco Strano, insieme ad altri soggetti, tentò esattamente la stessa operazione che oggi sta tentando Tosatto in concorso con altri soggetti (già ovviamente denunciati).
Curiosamente oggi con Tosatto troviamo:
-Le stesse argomentazioni.
-Le stesse insinuazioni.
-La stessa strategia di screditamento personale e professionale attraverso convegni, blog, denunce, video ecce cc ecc.
Questo non è un dibattito.
Non è una “inchiesta”.
È la ripetizione ossessiva di accuse già smentite dai fatti e dagli atti, con modalità che nel tempo assumono contorni sempre più chiari e decisamente inquietanti.
Sarebbe stato certamente preferibile se Tosatto si fosse premurato di verificare fino in fondo le informazioni che gli sono state messe a disposizione, evidentemente da alcuni soggetti, prima di utilizzarle per costruire questa narrazione diffamatoria a mio danno.
È ormai evidente che quelle informazioni non gli sono state raccontate correttamente, o che, quantomeno, non è stato fatto alcuno sforzo da parte sua per comprendere come siano realmente finite quelle vicende in sede giudiziaria.
Vicende che, come più volte chiarito, si sono concluse con archiviazioni e accertamenti di totale infondatezza delle accuse.
Oggi, però, proprio grazie a questa scelta irresponsabile, quei fatti vengono nuovamente riportati all’attenzione pubblica, distorti e decontestualizzati.
E questo comporta una conseguenza molto chiara: ora sarà Tosatto a doverne rispondere nelle sedi giudiziarie competenti.
Perché la reiterazione di accuse false, la riproposizione di insinuazioni già smentite e la loro diffusione pubblica riattualizzano una vicenda giudiziaria che può e deve essere nuovamente affrontata nelle debite sedi, questa volta con piena contezza degli atti e delle responsabilità.
Chi sceglie di rilanciare accuse infamanti senza verificarle fino in fondo, si assume personalmente il peso delle conseguenze giuridiche di quella scelta.
La trasparenza è sempre stata dalla mia parte.
Il diritto, ancora una volta, farà il suo corso.
Io continuo a fare quello che ho sempre fatto:
mettere i documenti sul tavolo, rispondere con i fatti e tutelarmi nelle sedi opportune.
Il richiamo a “fascicoli visionati” (poi capiremo chi gliel’ha fatti visionare…ma diciamo che un’idea ce l’avrei…) è a dir poco indicativo di una chiara volontà mistificatoria da parte di Tosatto.
Le sette “domande”:
- non sono domande, ma accuse reiterate;
- sono smentite dal curriculum ufficiale;
- violano i limiti della critica;
- configurano diffamazione aggravata a mezzo web;
- e, per reiterazione, atti persecutori.
Molto altro verrà contestato nelle debite sedi, perché ritengo la condotta di Tosatto intollerabile, soprattutto sotto il profilo giudiziario e deontologico.
Il materiale raccolto a suo carico sul punto ha raggiunto una mole impressionante.
Tra tutte le sue teorie stravaganti, mettere in discussione l’esistenza di Filippo Turetta è, a mio avviso, la più inquietante in assoluto.
Mi auguro sinceramente che gli Ordini professionali competenti valutino con attenzione questo insieme di condotte e agiscano di conseguenza, affinché un soggetto del genere venga messo nella condizione di non nuocere.
Il confronto serio si fa con i fatti.
La responsabilità, invece, si assume davanti alla legge.
Per il resto buona lettura a chi avrà la pazienza di arrivare fino in fondo a questo lungo post.






















