Intervista del 29 agosto 2017
Stupro Rimini, Bruzzone: “Signor Jee, è pregiudizio abominevole. Questo è lo stupro”
Ha scatenato una bufera, non solo sui social, il commento su Facebook di Abid Jee, sullo stupro di Rimini. Il ragazzo, di 24 anni, sotto la pagina del Resto del Carlino che pubblicava la notizia della violenza di gruppo ha scritto: “Lo stupro è peggio ma solo all’inizio, poi la donna diventa calma ed è un rapporto normale”. Il ragazzo, che ora rischia il licenziamento, lavora come mediatore culturale per una cooperativa bolognese. Su questo Intelligonews ha intervistato la criminologa Roberta Bruzzone.
Come definirebbe questa persona?
“Un soggetto portatore di un pregiudizio a dir poco abominevole che ascriverei al primo Medioevo”.
Cosa spinge un ragazzo a lasciare un commento del genere su Facebook?
“E’ molto preoccupante che questa persona si sia firmata in maniera chiara, quindi immagino che il concetto scritto sia espressione genuina del suo pensiero. Questo soggetto, descritto come integrato nella realtà italiana, ricopre anche un ruolo di mediazione tra due culture e dovrebbe trovare un ponte tra la cultura occidentale e quella che lui rappresenta: siamo proprio messi malissimo. Evidentemente si aspettava anche di ricevere consenso, come tutti quelli che scrivono su Facebook. Non capisco cosa resti a fare nel nostro Paese un soggetto del genere”.
Ad aggravare la situazione c’è anche il lavoro che svolge.
“Francamente ritengo che frasi del genere siano espressioni non solo di questo individuo, ma rivelino una cultura della peggior fattispecie che è ampiamente condivisa da persone che condividono questo tipo di approccio. Non è un problema solo di arrabbiatura sociale per un post indegno, ritengo che ci siano anche gli estremi per un’incriminazione per istigazione alla violenza sessuale. Soggetti del genere cominciassero in qualche modo a essere trattati come meritano, il nostro Paese darebbe un segnale molto forte. La condizione della donna in Italia è veramente peggiorata”.
Sembra di essere tornati indietro nel tempo, con una concezione della donna stile anni 50.
“Prima degli anni 50, anche se una donna subisce una violenza inaudita c’è gente che riesce ad alleggerire e sminuire la situazione e a sostenere che passato lo choc iniziale proverebbe piacere. Con questo tipo di soggetti con quale tipo di argomenti andiamo a confrontarci?”.
Un passo indietro che secondo lei è spiegabile anche nel tentativo di integrazione con culture diverse che assegnano alla donna un ruolo di sottomissione rispetto all’uomo?
“Sul concetto di integrazione mi sono già espressa in passato e l’ho definito una bella favola, per gente che ha bisogno di raccontarsi le favole. Guardi, stupratori ce ne sono di ogni risma e nazionalità, non è un problema di etnia o di provenienza geografica, gli stupratori non è che dobbiamo andarli a prendere in nord Africa ce li abbiamo anche in casa. Il discorso è che questo tipo di eventi scatena un rigurgito di soggetti che vengono allo scoperto e fanno emergere quello che in realtà pensano veramente. Tutto ciò è preoccupante. Davanti a un fatto di incontestabile gravità salta fuori in questo caso un mediatore culturale, e il suo ruolo è un’aggravante, che non solo cerca di mistificare, ma sostiene anche che alla fine la donna beneficia del rapporto. E’ veramente abominevole”.