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Caso Maurantonio, Bruzzone: “Per dire omicidio servono elementi più robusti. I compagni di classe collaborativi”

Intervista del 16 giugno 2016

Caso Maurantonio, Bruzzone: “Per dire omicidio servono elementi più robusti. I compagni di classe collaborativi”

“Per poter passare da un’ipotesi di incidente/suicidio a un’ipotesi di omicidio, per esperienza dico che servono non elementi robusti, di più. E univoci”. E’ un passaggio del ragionamento che la criminologa Roberta Bruzzone evidenzia nella conversazione con Intelligonews sul caso dello studente di Padova precipitato dal sesto piano di un hotel mentre era in gita scolastica. La novità sta nelle perizia dei consulenti della famiglia della vittima secondo i quali Domenico Maurantonio, “prima di precipitare sarebbe stato messo a testa in giù”.
I periti della famiglia di Domenico Maurantonio sostengono che il ragazzo prima di precipitare sarebbe stato “messo a testa in giù”. Significa che si va verso l’ipotesi di omicidio? 
“Intanto bisogna capire che tipo di valutazione dà la Procura a questo tipo di consulenze tecniche che sono prodotte da una parte, in questo caso dalla famiglia del ragazzo. Ora immagino che queste consulenze verranno depositate ufficialmente alla Procura o lo sono già state, e i pm valuteranno se si tratta di una ricostruzione affidabile oppure no. La Procura di Padova, mi pareva più orientata all’ipotesi dell’incidente/suicidio, però alla luce di queste nuove informazioni lo scenario potrebbe cambiare”.
Da criminologa lei pensa possa essersi trattato di scherzo finito male o potrebbe esserci stata la volontà di fare del male? Quali sono le piste seguite dagli inquirenti?
“Gli scenari più verosimili che sono stati considerati in questi mesi dagli inquirenti sono principalmente due: l’incidente, nel senso che in un momento di disattenzione e basso calcolo del rischio; oppure uno scherzo, un gioco, forse un atto di bullismo trasceso in qualcosa di più grave. Francamente l’ipotesi del suicidio a me è sembrata sempre molto remota; però l’ipotesi di un comportamento avventato o di sottovalutazione del rischio mi sembrava quella finora privilegiata dalla Procura. Ora vediamo all’esito di queste nuove informazioni se lo scenario cambierà”.
Può essere secondo lei che all’inizio ci sia stata l’intenzione di partecipare al gioco magari con un calcolo del rischio un po’ superficiale o è un’eventualità che lei si sente di escludere?
“No, non la escludo assolutamente, è uno scenario verosimile perché intanto c’è il contesto della gita scolastica, siamo stati tutti ragazzi e in queste circostanze si è un po’ più liberi e si tende a trasgredire un po’ e magari anche un po’ l’effetto platea dei compagni di classe può spingere anche ragazzi timidi e riservati verso condotte che non sono in linea con i comportamenti abituali. Quindi anche la possibilità che il ragazzo in un primo momento abbia preso parte a un’attività, a un gioco, e poi in un secondo momento questa cosa si è trasformata in incidente, sicuramente è uno scenario da contemplare”.
C’è chi nelle cronache giornalistiche ha posto l’accento su una certa difficoltà a parlare da parte dei compagni del ragazzo, raccontando come sono andate le cose. E’ così o le cose sono cambiate nel corso delle indagini? 
“Finché la Procura non darà una valutazione su questo nuovo scenario avanzato dai periti della famiglia, dobbiamo avere grande cautela. Ho sentito da diverse fonti affidabili che in realtà, i compagni di classe hanno partecipato alla fase degli accertamenti, sono stati convocati e sono andati in Procura a fare le proprie dichiarazioni e questo atteggiamento reticente non pare essere emerso. Vediamo cosa hanno prodotto i consulenti della famiglia e quanto la loro tesi è affidabile perché per poter passare da un’ipotesi di incidente/suicidio a un’ipotesi di omicidio, per esperienza dico che servono non elementi robusti, di più. E univoci”.