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Omicidio Garlasco, Bruzzone: “Caso di matrice indiziaria. In Italia la pena massima è questa”

Intervista del 21 giugno 2016

Omicidio Garlasco, Bruzzone: “Caso di matrice indiziaria. In Italia la pena massima è questa”

“Ciascun indizio risulta integrarsi perfettamente con gli altri come tessere di un mosaico che hanno contribuito a creare un quadro d’insieme convergente verso la colpevolezza di Alberto Stasi oltre ogni ragionevole dubbio”. È questa la riflessione dei giudici della Cassazione nelle motivazioni della sentenza di condanna i Stasi a 16 anni per l’omicidio della fidanzata Chiari Poggi a Garlasco.
La prima sezione della Cassazione il 12 dicembre 2015 aveva confermato la pena emessa nell’appello bis. Per i giudici l’uomo, nell’uccidere la fidanzata, agì con “dolo d’impeto” e “senza alcuna programmazione preventiva”: la sua condotta va inquadrata “come risposta immediata o quasi immediata ad uno stimolo esterno”.
IntelligoNews ne ha parlato con la criminologa Roberta Bruzzone
Quando si dice “oltre ogni ragionevole dubbio”, si intende dire che le prove non sono scientifiche?
“Questo è un caso prevalentemente di matrice indiziaria. Ci sono stati degli accertamenti di natura scientifica i cui risultati negli anni hanno dato spazio a degli aspetti intrepretativi che a quanto sembra, leggerò poi con più calma le motivazioni integrali, la Cassazione ha ritenuto di poter superare oltre ogni ragionevole dubbio. Questa formula trova spazio spesso in questo tipo di motivazioni. Evidentemente i giudici supremi sono molto sicuri della conclusione a cui sono giunti”.
Si parla di un “rapido susseguirsi di colpi di martello al capo della vittima”, con “rabbia ed emotività”. Queste ultime due parole escludono ogni tipo di capacità di intendere e di volere?
“Assolutamente, lo stato d’impeto non ha nulla a che vedere con la capacità di intendere e di volere. Che si sia trattato di uno stato d’impeto è piuttosto chiaro dalle modalità, questo lo abbiamo sempre ribadito. Il capo della vittima è stato proprio spaccato da un corpo contundente, con ogni probabilità è possibile che si trattasse proprio di un martello”.
Altro dato è l’assenza di premeditazione. 
“Sì, mi trovo assolutamente d’accordo. Non si può ritenere un delitto premeditato”.
In un periodo in cui si parla tanto di femminicidio, molto si chiedono se la pena di 16 anni sia congrua.
“Considerando che Stasi ha chiesto il rito abbreviato la pena è congrua”.
Come spiegarlo però all’opinione pubblica?
“Certo, per l’opinione pubblica è chiaramente difficile da comprendere. Essendo stato chiesto il rito abbreviato, con questo capo d’imputazione, la pena massima è di 16 anni”.
C’è chi invoca una legge sul femminicidio. Aumenterebbe la pena?
“Non esiste il reato di femminicidio, è un termine che si utilizza per indicare un certo termine di omicidio”.
Più giornalistico che altro.
“Sì, assolutamente. La pena dipende dal capo d’imputazione, è lì che si gioca la vera partita in termini di misura della pena. In questo caso è compatibile con una condanna di omicidio non pluriaggravato, di conseguenza pena massima 24 anni, sconto di pena di un terzo ed ecco i 16 anni”.