Pedofilia e pedopornografia: il web e i rischi di incappare nel “mostro”
L’intervista alla criminologa Roberta Bruzzone
L’utilizzo dei social si è rivelato decisamente favorevole per i molestatori di minori, così riescono a selezionare e a raggiungere le potenziali vittime senza fatica”
La tutela dei minori è un tema sempre attuale, e lo è maggiormente oggi che i social network scandiscono le giornate di tantissimi giovani e giovanissimi. Quello del web è un mondo per molti aspetti estremamente insidioso, lo è per le persone deboli, fragili per loro natura. Indifesi. Come i bambini, come gli adolescenti. Pedofilia. Pedopornografia. Due termini tra i maggiormente obbrobriosi del nostro vocabolario, due parole che significano orrore, perché vanno a spezzare per sempre la vita delle persone nella loro età più verde, quella che dovrebbe essere la più bella e che troppo spesso diventa un inferno. Accade quando ci si viene a trovare, per una ragione o per l’altra, ad avere a che fare con questi mostri della società: i pedofili. Chi scrive è da circa un decennio impegnata nella lotta senza quartiere contro la pedofilia, a tutti i livelli. I lettori abituali del Giornale d’Italia ricorderanno certamente la battaglia per l’inasprimento delle pene contro i pedofili, le manifestazioni di piazza, i cortei, i banchetti di raccolta firme, i sit in, la collaborazione stretta e continuativa con l’Associazione La Caramella Buona Onlus, il capillare e approfondito lavoro svolto sul tema dalla nostra Monica Nassisi, le battaglie da lei sostenute proprio in supporto di questa associazione che, negli anni, ha fatto condannare decine e decine di mostri pedofili. E ricorderanno certamente la nostra collaborazione a tutto tondo con la criminologa Roberta Bruzzone, che della Caramella Buona è anche il direttore scientifico e che da lungo tempo sostiene con il suo impeccabile lavoro le attività di questo gruppo di persone che da anni ormai dedicano ogni istante della loro vita a combattere questa che è una vera e propria piaga della società. Ed è proprio a Roberta Bruzzone che abbiamo chiesto di fare il punto, ancora una volta, su questo argomento. Ecco di seguito la nostra intervista alla nota criminologa.
La piaga della pedofilia è sempre più un problema in questa società, e il web può diventare un mezzo molto pericoloso in questo ambito. E’ così?
Purtroppo si. I dati italiani sul punto sono a dir poco preoccupanti. Negli ultimi cinque anni sono quadruplicati i casi di violenza sessuale su minori giunti all’attenzione dell’Autorità Giudiziaria. Due volte su tre a diventare vittime di questo genere di condotte di abuso sono proprio le bambine in età prepuberale e preadolescenti. Abbiamo osservato anche un progressivo abbassamento dell’età delle piccole vittime che ci lascia ampiamente ipotizzare anche un allargamento della base dei potenziali autori di reato, molti dei quali attivi principalmente online nelle attività di adescamento di minori (il cosiddetto “grooming”). Tra i reati a sfondo sessuale, a registrare l’aumento più drammatico negli ultimi anni è sicuramente la pornografia minorile (meglio nota come pedopornografia). Purtroppo, proprio in tale ambito, l’utilizzo dei social media si è rivelato decisamente favorevole per i molestatori di minori che così riescono a selezionare e a raggiungere le potenziali vittime senza fatica.
Come si riconosce un pedofilo? Qualche consiglio per identificare questi rifiuti della società sul web, specialmente sui social network dove orbitano tanto adolescenti
Entrare nel merito di questa pericolosissima e subdola categoria di predatori non è semplice perché, nella maggior parte dei casi, si tratta di manipolatori consumati, che non esitano a fingersi ragazzini, professionisti, figure rassicuranti, etc, ossia a vestire i panni di chiunque possa agevolare la loro attività perversa volta a isolare la propria preda. Alcuni di questi predatori, i più subdoli e pericolosi, sono arrivati persino a spacciarsi per soggetti attivi in favore di comunità colpite da gravissime calamità naturali per andare a “caccia” più facilmente. Ritengo sia utile mettere in luce le strategie di caccia e le tecniche che utilizzano per guadagnarsi la fiducia dei cosiddetti “caregivers” (ossia gli adulti di riferimento, i genitori, gli insegnanti, ecc.) e procurarsi le loro vittime. Partiamo da un presupposto di base: i pedofili vanno dove si trovano i bambini/ragazzini. I social media non rappresentano un’eccezione alla regola. Anzi, sono ormai diventati la “riserva di caccia” preferenziale per la categoria dei predatori seriali. Secondo le teorie più accreditate tra gli addetti ai lavori, che con questi soggetti si confrontano molto spesso, alla base dell’operato criminale della maggior parte dei pedofili ci sarebbe in primis un profondo vissuto di inadeguatezza nei confronti di un partner sessuale adulto. Tale vissuto alimenta nei pedofili la convinzione che mai riuscirebbero ad essere all’altezza di relazionarsi adeguatamente con un partner adulto. Questo confronto infatti viene percepito come potenzialmente giudicante, ansiogeno e quindi inaccettabile. Un rischio da evitare. Incapaci dunque di “scendere in campo” con un partner adulto, scelgono quindi i bambini perché tale “scelta” gli consente di dare libero sfogo alle loro pulsioni sessuali senza il rischio di venire giudicati o respinti.
C’è modo di “guarire” per un pedofilo? Cioè: chi è stato condannato per pedofilia, pedopornografia e reati di questo tipo, può avere una speranza di redimersi?
La pedofilia, cioè la presenza di fantasie erotiche, impulsi o comportamenti sessuali che coinvolgono bambini in età pre-adolescenziale è una deviazione sessuale con pericolose ricadute sociali la cui origine rimane in gran parte ancora oggi sconosciuta. Ad oggi non esiste una cura in grado di far regredire/sparire dalla mente di questi soggetti l’impulso sessuale aberrante. Attenzione però perché la presenza di un’alterazione di interesse clinico della sfera sessuale (ossia di una parafilia) non equivale alla presenza di una condizione in grado di innescare un cortocircuito di tale portata da escludere la capacità di intendere e di volere, condizione imprescindibile per rispondere a livello penale delle proprie azioni (ossia essere considerati imputabili). E qui arriviamo ad un passaggio di importanza critica per tentare di comprendere la reale natura di questi soggetti. Il concetto di psicopatologia richiama immediatamente l’idea di scarsa consapevolezza delle proprie azioni e quindi di minore responsabilità nei confronti dei propri atti. Ed in effetti esistono psicopatologie (come ad esempio alcuni tipi di schizofrenia) che sono in grado di boicottare il principio di realtà di chi ne è affetto fino ad escludere o diminuire sensibilmente la sua capacità di autodeterminarsi e di comprendere la portata delle proprie azioni. Basta pensare al soggetto che aggredisce e ferisce a morte un altro individuo in preda ad un delirio persecutorio o a delle allucinazioni. Ma non è questo il caso della pedofilia. Tale condizione infatti, nella maggioranza dei casi, è caratterizzata dalla lucida consapevolezza della portata criminale del proprio comportamento. I pedofili valutano la situazione, riflettono attentamente e poi decidono il da farsi. Ci sono delle precise strategie cognitive alla base del loro operato per mantenere segreta la loro perversione proteggendo così la loro possibilità di reiterarla . Quindi, in linea di massima, quando ci riferiamo a tale condizione, a mio avviso, è più corretto (quantomeno molto più fedele alla realtà dei fatti) parlare di crimine più che di psicopatologia.
Questi personaggi tendono a conquistare la fiducia delle persone con cui hanno a che fare, però tendenzialmente perdono facilmente le staffe e quando si sentono stretti all’angolo cominciano ad avere un atteggiamento aggressivo. Confermi?
Si, una volta smascherati tendono a reagire in maniera molto aggressiva. È abbastanza facile fare emergere la loro reale natura, fargli calare la maschera, quando vengono messi con le spalle al muro e quando si rendono conto che le molteplici menzogne raccontate sono state smascherate. Hanno una bassissima autostima e una deficitaria capacità di tollerare la frustrazione ragion per cui basta contraddirli o mettere in discussione ciò che affermano per scatenare reazioni rabbiose e scomposte, anche sui social media. Molto spesso si tratta di soggetti con una spiccata propensione alla mitomania e possono arrivare anche a millantare di ricoprire ruoli istituzionali per raggiungere più rapidamente il loro risultato e manipolare la percezione di tutti gli adulti che si occupano dei bambini che rappresentano il target dei loro interessi sessuali deviati.
Qual è la cosa migliore da fare quando ci si trova ad avere a che fare con questi soggetti?
Occorre denunciarli immediatamente alle Forze di Polizia (in particolare alla Polizia Postale) ed interrompere ogni tipo di contatto. Occorre salvare tutto quanto è stato prodotto nello scambio via web e consegnare tutto gli investigatori perché molti di loro hanno già precedenti penali della medesima fattispecie.
Fonte: ilgiornaleditalia.org